L’Agenda di Manfredi per Fico: cancellare De Luca
L’Agenda di Manfredi per Fico: cancellare De Luca
di Vincenzo D’Anna*
È cosa nota a coloro che sono impegnati in politica ed a quelli che, a vario titolo, si candidano per governare un ente pubblico: il programma elettorale altri non è che l’elenco delle cose, opere e servizi non ancora realizzati. In parole povere: la descrizione delle carenze esistenti e la buona intenzione di porvi in qualche modo rimedio. Una formulazione complessa che richiede dosi di demagogia e di fantasia, elementi distintivi di una volontà che si diversifichi e si distingua da quella degli altri concorrenti. Di quell’elenco di buoni propositi ci si riempie la bocca nel corso della campagna elettorale, periodo in cui prevale l’ottimismo della volontà a scapito del pessimismo della ragione. In fondo l’elettorato disdegna di interessarsi alle vicende politiche. Distratto, com’è, dai suoi mille problemi quotidiani e abbastanza ignorante delle dinamiche che appassionano e animano il contesto politico, il cittadino preferisce disertare le urne, a meno che non lo si sensibili con un’idea conveniente sul piano pratico e utilitaristico. Chiusi i partiti, scomparse le sezioni e i militanti, ridotta la politica stessa a scontro tra ditte personalizzate, abolite le ideologie e i valori distintivi di ciascuna forza politica, non resta che la convenienza: lo specchietto per le allodole-elettori. Parimenti efficaci sono le idee vincenti che fanno leva sulle paure della gente: il ritorno del comunismo oppure del fascismo; la sicurezza personale; l’invasione dei migranti che insidiano il lavoro ed il benessere degli italiani, e così via. Parole d’ordine, queste ultime, che attraggono l’attenzione di coloro che dovrebbero recarsi a votare. In questo bailamme, impregnato di qualunquismo, basato perlopiù sulle lusinghe e sulla denigrazione sistematica dell’avversario più che su reali differenze politiche, si svolgono attualmente le campagne elettorali: una sorta di combinato disposto tra la propaganda dei benefici da concedere e la denuncia delle altrui inadempienze. Tutto questo determina il risultato di una competizione che nel Belpaese somiglia sempre più ai “ludi cartacei”, definizione cara a Benito Mussolini e ai dittatori che disprezzano il metodo democratico e il principio della sovranità popolare nel determinare chi debba assurgere al governo della nazione. Ed è in questo brodo di coltura che in Campania si tiene la “corsa” per l’elezione del nuovo governatore, l’erede di Vincenzo De Luca. Quest’ultimo, mai veramente uscito di scena, ancora imperversa con una sua lista e con una serie di candidati inseriti in altri schieramenti, pronti — se eletti — a fare fronte comune per condizionare il centrosinistra e i futuri assetti di governo della Regione, imponendo la continuazione del proprio programma ed il completamento delle opere in itinere oppure non realizzate. Una pesante ipoteca posta sul capo di Roberto Fico, candidato “grillino” alla carica di presidente della giunta regionale della Campania per il cartello “progressista”. Un re travicello, un vaso di terracotta tra due vasi di ferro, come l’ex “sceriffo” e Gaetano Manfredi, sindaco di Napoli, a sua volta accreditato di essere colui che ha creato lo schema politico adottato dal centrosinistra per il dopo De Luca. Ebbene, Manfredi ha consegnato in pompa magna a Fico, candidato da lui stesso indicato e pilotato verso quella carica, un’agenda-programma contenente le opere e le fonti di finanziamento che la Regione dovrebbe in qualche modo appoggiare nel corso del prossimo mandato. Un impegno, dei compiti per casa che l’allievo dovrà studiare e tenere nel debito conto. Il contenuto di quell’agenda è avulso dal programma del candidato stesso e della coalizione che egli capeggia, ma quel che è peggio mette in evidenza le lacune dell’operato decennale di Vincenzo De Luca e soprattutto delle indicazioni che questi va sciorinando in giro come priorità da realizzare. Un programma che l’ex sindaco di Salerno propaganda con la sua lista “A testa alta”, come l’ha definita egli stesso, che richiama ed enfatizza il proprio operato. In buona sostanza: non ci sono divergenze solo sulla valutazione, piuttosto scarsa, che De Luca fa delle capacità personali e politiche dell’esponente pentastellato nel condurre un ente complesso come quello di Palazzo Santa Lucia, ma anche su propositi e sui progetti del medesimo. Per farla breve: nell’agenda di Manfredi non compare il riconoscimento delle opere da completare né di quelle previste da De Luca. Si tratta invece di una specie di progetto iconoclasta chiamato a cancellare il retaggio amministrativo del quale l’ex governatore va orgoglioso. In soldoni: in caso di vittoria del centrosinistra il presidente che verrà sarà debole e inesperto, con un programma non suo e confliggente con quello del suo predecessore, oggi e domani suo maggiore azionista in Consiglio regionale. Con buona pace di De Luca, e buone prospettive future per Manfredi.
*ex parlamentare
