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Arresti eccellenti, la palude all’ombra della Reggia

Arresti eccellenti, la palude all’ombra della Reggia

di Vincenzo D’Anna*

Se c’è una cosa della quale sono certo e convinto, è che nello Stato di diritto la morale risieda nel rispetto della legge. Soprattutto quando, più che di morale personale – ossia la scala dei valori che ci orientano e ci guidano nella nostra vita – ci riferiamo alla morale pubblica, comunemente chiamata Etica. Quest’ultima assume un valore superiore rispetto a quella individuale, perché, allorquando la si infrange, riverbera danni e scandalo su tutta la collettività, stravolge o cancella gli interessi legittimi e i diritti che fanno capo ai comuni cittadini. Un danno (anche) materiale ancor più grande se viene violata da coloro che gestiscono ed amministrano la cosa pubblica. Sono, altresì, convinto che la civiltà giuridica si basi sul fondamentale principio della presunzione di innocenza, essendo i capi d’imputazione un atto unilaterale degli inquirenti – ossia dei pubblici ministeri – ancora da assoggettare, durante il dibattimento innanzi al tribunale dei giudici terzi, alla verifica e al riscontro di veridicità. È noto a chiunque si tenga informato, il grande tema della giustizia e dello scontro, ormai endemico, tra il potere dei magistrati e quello dei politici: l’utilizzo dei primi per eliminare i secondi, da parte di altri politici in stretto rapporto con i togati. La provincia di Caserta è stata tra le più falcidiate da questo scontro, e buona parte della classe politica che veramente conta, depositaria del consenso elettorale e di un vasto potere decisionale, è stata fatta oggetto di indagini e processi, molti dei quali finiti nel nulla, oppure poggiati sull’uso strumentale dei pentiti e del fumoso, aleatorio e famigerato reato di concorso esterno in associazione mafiosa, reato di provenienza giurisprudenziale e non presente nel codice penale. Sia come sia, Terra di Lavoro ha tatuato sulla sua pelle storie di camorra e scandali politici, spesso per la collusione tra malavita ed esponenti politici che se ne servono oppure che la servono con utilità di vario genere e natura. Una specie di condanna biblica che si abbatte da decenni sulle teste dei casertani, delegittimando quella larghissima parte di essi che sono onesti e laboriosi. E tuttavia ci sarebbe anche da chiedersi perché questa maggioranza di persone perbene si lasci poi condizionare, all’atto di scegliersi i propri rappresentanti nelle amministrazioni e nelle istituzioni, votando gente che prende i voti ma non ne fa buon uso? Ma entreremmo in altre tipologie di argomenti, se indulgessimo nelle considerazioni del rapporto tra eletti ed elettori, del familismo e del clientelismo politico – ormai atavico in questi paraggi – se non per dire che, in democrazia, eletti ed elettori si somigliano. Oggi siamo innanzi a uno stato di cose che non consente altre analisi o divagazioni sul tema, prostrati come siamo dalle notizie di cronaca giudiziaria che travolgono decine di amministratori: regionali, provinciali, comunali, in enti, aziende e consorzi controllati e gestiti da altri amministratori pubblici. Un ceto politico, venuto alla ribalta negli ultimi anni, ogni giorno viene travolto da scandali ed accuse che pare siano state ben documentate dagli inquirenti. E mai come stavolta le procure hanno agito con cautela ed approfondimento delle indagini, forse fin troppo in alcuni casi specifici, per soggetti che, incuranti delle indagini a loro carico, hanno continuato ad imperversare con pratiche opache, particolari e utilitaristiche. Un’improntitudine che forse è ancora più grave dei reati ipotizzati a loro carico, perché questi ultimi potrebbero – ce lo auguriamo – rivelarsi insussistenti, mentre la protervia degli atteggiamenti e la supponenza nei comportamenti non sarà soggetta ad assoluzioni. Ed è proprio questa la parte peggiore della vicenda. Si può anche sbagliare nella vita amministrativa, e se ne paga il prezzo, ma questo manipolo di politici, imprenditori, amministratori ha mostrato la faccia stupida e feroce di un potere sfacciato, tanto irredento quanto irredimibile. Se questa è stata la mentalità politica che ha generato l’illegalità diffusa, c’è da ritenere che altri eventi di questa tipologia giudiziaria – frutto di abusi e vantaggi illeciti – verranno agli onori della cronaca casertana. Cosa dire per il momento? Grazie ai magistrati, alle forze dell’ordine, a coloro che hanno profuso lavoro ed impegno per liberare la cosa pubblica da questi soggetti, prima ancora che da quegli esempi di mala gestione. Cosa dire agli inquisiti? Risparmiateci le dichiarazioni di comodo tipo: “Ho fiducia nella giustizia”; “È un complotto politico-mediatico-giudiziario”; “Si tratta di giustizia ad orologeria”, e così via. Risparmiateci il compito di accusare oppure di difendere, perché per voi valeva quello che si diceva di Pompea, la moglie di Cesare: che, oltre a essere onesta, doveva anche sembrarlo. Insomma: in nome di Dio andatevene! Liberate il campo e difendetevi nei tribunali.

*già parlamentare

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