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Regionali in Campania: tra Partenope e Palinuro

Regionali in Campania: tra Partenope e Palinuro

di Vincenzo D’Anna*

Sembra che in Campania sia stata raggiunta l’intesa tra Vincenzo De Luca e il Partito democratico e che il grillino Roberto Fico debba essere il candidato del centrosinistra per la carica di governatore della seconda regione d’Italia. L’accordo poggerebbe su aspetti disadorni, tipici della politica di bassa lega: un esempio di scuola di “familismo” e di doppiezza morale che ben si addice ai due contraenti. Da una parte infatti c’è lo “sceriffo”, con le sue truppe “cammellate”, frutto di una decennale gestione del potere nelle vesti di presidente della giunta di via Santa Lucia, dell’occupazione sistematica delle Aziende sanitarie locali e ospedaliere, delle partecipate e di ogni altro ganglio di potere disponibile. Un’occupazione certosina, avvenuta mentre il governatore distribuiva predicozzi morali, lanciava editti politici, insolentiva e malediceva i suoi attuali alleati del Pd e del M5S. Dall’altra c’è la segretaria dem Eddy Schelin, stranamente immemore delle sanguinose offese e dei giudizi sprezzanti e ironici pure a suo tempo profusi in gran quantità da De Luca. Incline ad imbracciare la bandiera del moralismo politico, anch’ella oggi accondiscende ad un compromesso. Indica il giovane parlamentare Piero De Luca, figlio di Vincenzo, alla carica di segretario regionale del Pd. Una nomina a tutti gli effetti calata dall’alto da parte di colei che pure predica la democrazia di base ed è essa stessa figlia di consultazioni primarie che, pare, in questo caso, siano state del tutto accantonate! Da interessato testimone di questo mercimonio funge Giuseppe Conte, un altro moralista a giorni alterni, che mette il cappello su un’intesa di basso conio pur di acquisire una presidenza regionale e offre, in cambio, voti in Toscana e in Puglia ai candidati presidenti del Pd, secondo la canonica applicazione del famoso manuale Cencelli. Insomma, un clima da basso impero politico, un perpetuo “do ut des” che, verosimilmente, si riverbererà in seguito sulla spartizione ovunque del potere con gli stessi metodi. Niente di nuovo sotto il sole, si dirà. Certamente! Ma stavolta quelli che si spartiscono la torta, di mestiere, fanno i custodi dell’etica politica, gli intransigenti controllori, le oche del Campidoglio che starnazzano per ogni cosa che il governo Meloni propone o realizza. Resta solo da vedere cosa toccherà della tavola imbandita ai comprimari della sinistra antagonista rosso-verde, Fratoianni e Bonelli. Regista di questa operazione pare sia stato il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi, con il passo felpato che gli è congeniale, ma che non credo potrà annoverare questo sforzo tra le cose egregie della propria carriera politica. Per dirla tutta, sul versante “progressista”, la sommatoria delle forze in campo dovrebbe garantire il felice esito del risultato elettorale, il che non guasta in una regione dove spesso, più che tornate elettorali, pare si svolgano vere e proprie riffe e dove il denaro dato ai galoppini diventa decisivo per il felice risultato di ciascun candidato. Ma volgendo lo sguardo verso il basso, quel luogo angusto ove finora si ritiene di aver relegato gli elettori, le domande sorgono spontanee: è già tutto definito, scontato secondo i calcoli dei decisori politici e dei loro cacicchi e portaborracce? L’esito è già determinato dalla sommatoria del voto dei clienti e dei petenti che ruotano intorno al potere deluchiano e alle truppe grilline, anime perse in attesa del prossimo reddito di cittadinanza? Insomma, conta ancora il voto di opinione e il voto ragionato di chi, innanzi a questi riprovevoli accordi di potere , si potrebbe indignare e cambiare anche il proprio tradizionale orientamento? Darlo per impossibile è sbagliato, non tanto perché sia cresciuto il senso civico e politico degli elettori campani, ma perché si potrebbe proporre loro qualcosa di migliore e di più confacente rispetto ad uno sprovveduto, senza arte e senza parte, come Roberto Fico. Un re travicello nelle mani dei suoi dante causa. E tuttavia, sull’opposto versante del centrodestra non ancora si scorge un anelito unitario, la voglia di non rassegnarsi alla sconfitta, la capacità di individuare una personalità che unisca dentro e oltre i partiti tradizionali, al punto di potersi giocare la carta vincente. L’impressione è che ci si accontenti di un dignitoso ko, di una corsa che serva più a sostenere future ambizioni per qualcuno che a governare la Campania. È un’ipotesi tristissima e amara quella che molti cittadini affacciano come certa. In soldoni, resta sempre il fatto che tutto potrebbe dipendere dagli elettori e dalla scelta di un candidato alternativo e adeguato a quello della sinistra. Non fosse altro per evitare che milioni di persone debbano sentirsi battute in partenza, se non prigioniere di una storia già scritta. Una storia tragica che affonda nella mitologia greca, con la sirena Partenope che si dà la morte per non essere stata ascoltata ed in grado di ammaliare Ulisse col suo canto. Oppure quella di Palinuro, narrata da Virgilio nell’Eneide, che cadde in mare, ingannato dal dio del sonno. È dunque questo il destino degli elettori campani? Rimanere inascoltati, nella loro voglia di cambiamento, come la sirena Partenope, oppure vittime del sonno della ragione, come Palinuro? Ahi noi!!

*già parlamentare

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