Politica

Le dimissioni di Di Maio sancisce il fallimento del M5S

Luigi Di Maio si è dimesso da capo politico dei 5 Stelle. E’ l’ultimo atto della parabola discendente del movimento, fondato da Beppe Grillo, che, nato per archiviare i “vecchi” partiti politici e la cosiddetta “casta”, ha finito per diventare il peggiore di essi ed esso stesso “casta”. Con le dimissioni dal vertice del partito, finisce, infatti, l’illusione di essere “movimento del popolo”, delle incitazioni all’onestà urlate al vento, della “splendida” solitudine in un mondo politico ritenuto del tutto marcio. Con la capitolazione di Di Maio, il M5S entra definitivamente nella fase due, già iniziata con l’alleanza con il Pd, che ha dato vita al governo Conte bis, della definitiva mutazione “genetica” da movimento ribelle a partito dell’establishment. 

Tale fase due potrebbe condurre, sul piano nazionale, ad una confluenza dei pentastellati nel nuovo soggetto politico che il Segretario del Pd,Zingaretti sta ventilando, sul piano regonale, potrebbe tradursi in un mutamento dei rapporti con i democrat sui territori, a cominciare dalla Campania, con una possibile alleanza alle elezioni regionali, dovuta al predominio che potrebbe assumere la fronda interna facente capo a Roberto Fico, maggiormente orientata a stringere la relazione col Pd. Se questo scenario prendesse corpo, ci troveremmo di fronte ad un quadro politico fortemente frammentato a sinistra, con più candidati Presidenti. Tutto ciò non farebbe altro che agevolare la vittoria della nostra coalizione di centrodestra che, comunque, a prescindere, sono certa che vincerà le elezioni regionali perché i campani vorranno porre fine ai disastri e ai fallimenti del centrosinistra nel nostro territorio. Una cosa è certa: la parabola dei 5 stelle è giunta al termine.
Gabriella Peluso